Quante coppie si amano ma faticano a dirsi le cose, cadono nel vortice di parole dette al vento, non ascoltate, non recepite, non comprese?
Quante coppie sono consapevoli dei meccanismi comunicativi disfunzionali che investono la loro relazione?
Quante coppie conoscono l’ascolto emotivo che rappresenta uno degli ingredienti fondamentali per una comunicazione efficace alla vita di coppia?
Lilli ama il suo compagno ma ogni volta che tenta di parlare con lui ne esce sconfitta ed esausta.
Con le migliori intenzioni Lilli si prepara ad affrontare l’argomento che le sta a cuore vorrebbe esprimere la sua posizione spiegargli che spesso si sente trascurata, che talvolta sente il desiderio di trascorrere più tempo con lui svolgendo attività che in passato piacevano ad entrambi, ma, seppure con le migliori intenzioni, appena inizia il confronto sente salire la tensione, la difficoltà a mantenere la calma e come uno tsuanami si sente travolta da un’ondata di rabbia crescente. Il tono di voce si alza, i nervi sono tesi, sente che potrebbe persino tirargli un pugno in faccia, tanto è il nervoso. Matteo ama Lilli ma ogni volta che lei dice “dobbiamo parlare, le cose così proprio non vanno” si sente schiacciato contro un muro e vorrebbe scappare. Si sente messo al ring come un pugile ormai indifeso. Matteo resta, ascolta e non ribatte. Il suo starsene in silenzio irrita Lilli che ancor di più sente di non valere poi così tanto per Matteo. Lilli chiede una risposta, esorta Matteo a parlare. Lui è in confusione. Ha paura e vorrebbe che Lilli si calmasse. Matteo dopo essere caduto nella prima trappola di una comunicazione non efficace, ovvero il silenzio, cade nella seconda trappola quando suggerisce a Lilli di calmarsi. Stare zitti o dire ad una persona arrabbiata di calmarsi sono psicotrappole in cui è facile cadere e altrettanto difficile è rialzarsi. Nessuno dei due è consapevole che dire ad una persona arrabbiata di calmarsi è il miglior modo per fare uscire lingue di fuoco al drago infuriato. Nessuno dei due si è mai fermato a riflettere su questo primo step di comunicazione insoddisfacente.
La mancanza di conoscenza dell’ascolto “emotivo” risulta essere una delle caratteristiche più diffuse inerenti la difficoltà di comunicazione riscontrate all’interno della coppia. Procediamo per gradi e proviamo a capire cosa vuol dire ascolto emotivo e come questo rappresenta uno degli ingredienti fondamentali della comunicazione efficace. Quando una persona ci dice “dobbiamo parlare, voglio parlarti, mi piacerebbe chiarire questa cosa” ecc dentro di noi si attiva un sistema di attenzione e concentrazione selettivo, ovvero focalizzato sulle parole che l’altro dice.
Quelle parole però se sono accompagnate da una reazione emotiva intensa, come la rabbia, vengono amplificate nel loro significato. La persona che ascolta si pone quindi sulla difensiva.
L’attenzione e la concentrazione ora devono focalizzarsi, da una parte, sulle parole per non perderne il significato ed essere pronti a ribadire o esprimere il proprio punto di vista, dall’altra parte, sulle reazioni concitate del partner che appaiono minacciose. In quel momento, pensateci per un attimo, se vi chiedessi quale emozione sta provando la persona che sta parlando cosa rispondereste. Rabbia – tutta la vita.
Risposta esatta? Bene il punto dolente è che se siamo fuori dagli schemi, ovvero, lontani dalla situazione descritta siamo abili ad individuare l’emozione della persona che sta parlando quando, invece, siamo coinvolti in quello scenario cerchiamo solo di parare i colpi.
Questo è il primo step dell’ascolto empatico. Ovvero la capacità di individuare le emozioni degli altri nel mentre si è coinvolti nella situazione. Non sto dicendo che è facile, ma necessario sì. Facciamo un altro passo in avanti, dato che avanti è l’unica direzione possibile. Nel mentre si è coinvolti in dinamiche simili possiamo dire, per semplificare, che chi parla è sotto effetto delle emozioni chi ascolta, invece, sotto l’effetto della razionalità. I due soggettini in questione si pongono su due registri opposti o quanto meno diversi che non consentono di intedersi, di comprendersi, di capirsi. Tornando al nostro esempio: esortare alla calma una persona arrabbiata significa parlarle facendo riferimento al “registro razionale”, ma l’altra persona è sintonizzata sul “registro emotivo” della rabbia, che per giunta rappresenta una delle emozioni più dirompenti. Comincia ad essere tutto più chiaro, vero? Difficile capirsi in questa situazione di asimmetria palese. Quindi? Non avere fretta, consentimi un ultimo passaggio.
Cerco di semplificare in modo estremo le modalità con cui il cervello analizza le informazioni provenienti dal mondo esterno. La persona in preda alle emozioni in quel momento è sintonizzata sul cervello primitivo deputato a filtrare le informazioni provenienti dal mondo esterno e trasmetterle al cervello evoluto deputato ai processi razionali di risoluzione dei problemi e capacità decisionale (in gergo si utilizzano termini di lingua anglosassone come problem solving e decision making). Le informazioni che il cervello primitivo reputa pericolose hanno scarsa probabilità di arrivare al cervello evoluto, succede qualcosa di simile a quando in una fortezza una sentinella individua un pericolo proveniente dal mondo esterno e lancia l’allarme e l’ordine di sollevare il ponte levatoio. Hai presente quelle espressioni di saggezza popolare come “ti è andato in pappa il cervello”, “hai il cervello in blackout”, “sei scollegato” sì, proprio così, hai capito bene si riferiscono al ponte levatoio che il cervello primitivo ha sollevato per escludere la partecipazione del cervello evoluto. Quindi? Come posso comunicarla in modo più efficace? Che cos’è l’ascolto emotivo di cui mi hai parlato?
La persona sintonizzata sul registro emotivo deve riconoscere l’emozione che l’altro sta vivendo e, secondo step, deve sintonizzarsi con questa emozione e abbandonare temporaneamente il registro razionale. Se il cervello evoluto di chi è in preda alla rabbia è momentaneamente escluso, in blackout, scollegato non posso parlare con il registro razionale, pena il non intendersi. Che è poi quello che accade nella maggior parte degli scambi comunicativi all’interno della coppia. Riconoscere e sintonizzarsi sul registro emotivo dell’altro è la strada maestra foriera di
possibilità orientate alla comprensione e alla riduzione della conflittualità. Ad esempio dire: “Capisco. Ti senti trascurata e questo ti fa stare così tanto male che ti viene una rabbia pazzesca” è tutta un’altra musica per chi parla e chi ascolta. Senti come queste parole utilizzate in sostituzione di “calmati, per favore” suonano avvolgenti e coinvolgenti. L’altra persona si calma, la forza dirompente della rabbia perde energia. Questo è solo un esempio di quanto sia possibile ottenere attraverso un processo di comunicazione in cui impara ad ascoltare empaticamente l’altro. Un piccolo passo alla volta fino ad sentirsi davvero sintonizzati con il proprio partner. L’ascolto empatico è uno degli ingredienti della comunicazione efficace questo e molti altri diventano strumenti utili per poter gestire in modo soddisfacente la relazione di coppia. Percorsi brevi focalizzati su questo obiettivo consentono di acquisire una modalità adeguata nei casi in cui le persone pur volendosi bene manifestano difficoltà a confrontarsi, parlarsi, intendersi.