“Non si può stare bene con gli altri se prima non si sa stare bene da soli”.
“Se non sai stare senza una persona non sai stare neanche con quella persona”.
(G. Nardone).
Nel petto di molte persone batte un cuore con un disperato bisogno d’amore. Quando il bisogno d’amore diventa disperato? Nel momento in cui la persona per stare anche soli pochi minuti con l’altro arriva, con il tempo, a rinunciare a se stesso, dapprima parzialmente poi completamente. Abdicare i propri interessi, gusti, speranze, iniziative, desideri a favore di quelli di un’altra persona è una trappola che allontana sempre più dal proprio cuore.
SOTTO I RIFLETTORI DELLA SCIENZA
La Dipendenza affettiva ad oggi (2021) non è ancora inserita tra i disturbi psicologici all’interno del Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5), ma gli addetti ai lavori sono da tempo concordi nel definirla come un problema psicologico comportamentale specifico che merita di essere annoverato tra i disturbi psicologici.
Colpisce in stragrande maggioranza le donne e il termine dipendenza è volutamente utilizzato per descriverne gli effetti in un qualche modo assimilabili alla dipendenza da alcol o stupefacenti. Beninteso che non essendoci però l’assunzione di una sostanza specifica la dipendenza affettiva rientra tra le “Dipendenze comportamentali”, cioè quelle forme dipendenza che non coinvolgono sostanze, ma comportamenti, persone, relazioni.
AMORE BENEFICO
Dell’amore si fa un gran parlare e nonostante questo pervenire ad una sua definizione diventa un’impresa ardua.
Le stesse caratteristiche inafferrabili dell’amore, che non passano sul piano razionale, ma afferiscono a quello sentimentale ed emotivo, non consentono di rilegarlo in ampie o brevi descrizioni, etichette, definizioni da manuale accademico. Risulta però chiaro, su un piano squisitamente clinico, che l’amore benefico poggia su una bilanciata armonia tra autonomia e reciprocità. Un gioco di equilibrio in cui si assiste, da una parte, ad un costante capacità di ascolto, comprensione, condivisione, partecipazione tra i partner, dall’altra, alla gestione dei propri interessi, al perseguimento dei propri obiettivi, alla realizzazione dei propri desideri. Due entità ed identità quelle dei partner coinvolti in una relazione d’amore in grado di mantenere ed alimentare la propria autonomia, autodeterminazione al di là della coppia. Una relazione in cui l’attenzione è tenuta vigile sia sull’altro sia su se stessi.
DIPENDENZA AFFETTIVA
Quando la presenza dell’altro diventa l’unica ragione di vita, quando nell’altro viene deposta la chiave della felicità, quando lo stare con se stessi spaventa terribilmente e solo la presenza dell’altro può calmare questa paura siamo in presenza di una dipendenza affettiva. La persona che vive in funzione dell’altro non è più in grado di percepirsi, di sentirsi, questo avviene perchè nel restare a disposizione dell’altro si perdono di vista le proprie sensazioni, bisogni desideri. Esemplificative sono frasi del tipo:
“Non importa, questa volta faccio come vuole, per me ci sarà un’altra occasione”
“Va bene così, mi ha promesso che la prossima volta si farà come desidero io”
“Sì, il calcio non mi piace però lui è contento quindi guardo anch’io la partita”
PARADOSSI DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA
Le persone dipendenti temono di essere abbandonate, si sentono vulnerabili, incapaci di affrontare le sfide del mondo esterno e si ritrovano nella condizione di richiedere costantemente il sostegno dell’altro, più diventano dipendenti e richiedono sostegno più aumenta la loro sensazione di non essere in grado di bastare a se stessi, in un gioco paradossale che alimenta un circolo vizioso senza fine. Inoltre, le persone dipendenti letteralmente si prostrano all’altro in una accondiscendenza senza precedenti che non stimola il partner, ma spesso conduce ad atteggiamenti di evitamento e allontanamento fino esperire comportamenti di rifiuto attraverso gesti e parole poco raccomandabili. In questo modo le persone D.A. finiscono per essere amati per “quello che fanno” e non per “quello che sono”. Si mettono completamente “a disposizione” fino al punto in cui annullano la parte autentica del sé e si rispecchiano solo nell’altro che diventa la ragione di vita, fonte di felicità, fino al bisogno estremo di conferma della propria esistenza. Anche questa tentata soluzione di fare, fare, fare per essere visti, sentiti, partecipati si ritorce a sfavore della persona affettivamente dipendente al punto che più tentano di farsi amare per quello che fanno più sono rifiutati dal partner, più sono rifiutati e più si danno da fare in un paradosso che si autoalimenta.
COSA SI PUO’ FARE
La possibilità di amare il partner in modo equilibrato dipende dalla capacità dei singoli di percepirsi e rispettarsi come individui e persone se parate. Riconoscere se stessi e l’altro come persone, ognuna con le proprie diversità, favorisce il mantenimento e il proseguo del cammino di una relazione amorosa soddisfacente. Fare un percorso per individuare il proprio valore, per riconoscere le proprie attitudini, per riconnettersi con i propri desideri, passioni o imparare a desiderare ad appassionarsi consente di porrè la “meritevole” attenzione al sè. Consente di percepirsi come persone aventi un intimo ed intrinseco “valore” capaci di godere ogni sfumatura della vita a partire da se stessi. Tutto questo è finalizzato a poter essere amati per “quello che si” è e non per “quello che si fa”. Sottile grande differenza.